Non sparate sugli Inti-Illimani

 

[Il testo del mio corsivo radiofonico andato in onda sulla Rete due della RSI che potete ascoltare qui]

Sarò rimasto uno dei pochi al mondo ad ascoltare ancora gli Inti-Illimani?
Avete presente quel gruppo di cileni con il poncho che andava forte negli anni Settanta?

Me lo chiedo ogni volta che metto sulla piastra un loro vinile e mi lascio sopraffare dalla impressionante cascata di note cristalline che questo gruppo cileno riesce a produrre. Ascolto la quena nostalgica, il charango arrembante, il canto corale armonico e preciso, che però non dimentica mai la sua radice popolare… E poi c’è il flauto di pan che gioca con il vento delle Ande: sì, è vero, è un’immagine kitsch che corrisponde alla pessima e immeritata fama di cui gode attualmente questo strumento.

Sono nato negli anni ’70 e accanto a cantautori come De André, Leonard Cohen, Brassens e Brel, i miei genitori conservavano i dischi della Nueva Canciòn Chilena. Gli Inti-Illimani, dunque, e Victor Jara, ucciso dagli sgherri di Pinochet, diventato il mio cantautore preferito.

Ma da bambino non era l’impegno politico che mi spingeva ad ascoltare la musica degli Inti-Illimani; piuttosto la curiosità per questi suoni così diversi, che mi educarono all’ascolto di musica “altra”.

Per questo provo sempre una reazione di fastidio quando qualcuno mi guarda con condiscendenza e mi spiega che “gli Inti-Illimani sono roba da anni Settanta”, come se la gente di loro non avesse ascoltato altro che “El pueblo unido jamas serà vencido”.

Ho fatto così degli Inti-Illimani la mia cartina di tornasole personale per individuare coloro che degli anni Settanta – decennio di grande impegno e avanzate sociali – ricordano solo qualche slogan invecchiato male.

È con sorpresa che qualche giorno fa ho scoperto un’anima gemella: Ivan Carozzi, un giornalista del quotidiano online “Il Post” che ha dedicato un bell’articolo al gruppo cileno intitolato “La voglia di uccidere gli Inti-Illimani”.

Scrive Carozzi: “Sugli Inti-Illimani il pregiudizio è doppio, perché furono il simbolo della stagione dell’impegno, della quale oggi non si sa assolutamente più niente o se ne ha una percezione puramente ironica”.

Ora siamo in due, dunque: arrivati a tre saremo un movimento e niente potrà più fermarci. E allora non posso che terminare questa perorazione con il poncho elargendo un consiglio non richiesto: ascoltate gli Inti-Illimani, non “El pueblo unido jamas serà vencido”.

Poi però fatevi un giro su Youtube e ascoltatevi “El pueblo Unido jamas sera vencido” cantato da un popolo intero – quello cileno – di nuovo in lotta per i propri diritti.

Se non vi vengono i brividi, allora non meritate di portare quel maglione di Alpaca regalatovi dalla vecchia zia sessantottina.