Alle colonne d’Ercole – due audiodocumentari sulle migrazioni

Nel 2013 partivo per l’Andalusia per realizzare due audiodocumentari che in modo speculare dovevano parlare del presente e del passato. Il tema che avevo scelto era quello dell’immigrazione e della presenza islamica in Spagna.

Lo spunto era stato un evento drammatico: la morte di alcuni migranti che avevano tentato di attraversare “la Valla”, la barriera che separa il Marocco dall’enclave spagnola su suolo africano Ceuta.

Parallelamente volevo invece dedicare l’altro audiodocumentario al periodo della conquista islamica della Spagna, iniziata con l’arrivo di Tariq a Gibilterra.

Le settimane precedenti alla partenza erano state dedicate alla ricerca dei testimoni e delle fonti sul posto: associazioni, storici, testimoni, ecc.

Ricordo ancora la partenza da Milano Malpensa, ma soprattutto l’arrivo a Malaga, dove avevo prenotato una macchina per arrivare a Gibilterra, la mia prima tappa. Purtroppo avevo dimenticato in macchina nel posteggio di Malpensa la carta di credito, e senza carta di credito niente auto. Il mio viaggio rischiava di saltare.

Dopo lunghe insistenze l’agenzia decise di darmi lo stesso la macchina a noleggio contro il pagamento di un consistente anticipo. Riuscii a partire per Gibilterra.

Mi ero portato la mia macchina fotografica con l’intenzione di scattare un po’ di fotografie per “illustrare” il mio viaggio: una Rollei 35 analogica, un piccolo gioiello di tecnologia tedesca che stava in una tasca e con la quale ho realizzato tra le più belle foto della mia carriera di fotoamatore che ripropongo qui.

Il mio bagaglio tecnico comprendeva un registratore digitale e vari microfoni, tra i quali uno autocostruito: un microfono binaurale (che simula l’ascolto umano) realizzato applicando due piccoli microfoni al posto degli auricolari di una cuffietta. Alcuni dei suoni registrati con questo strumento li potete sentire in particolare nel primo dei due documentari, quello intitolato Gibilterra: Lo stretto che divide (o come il caso fa le cose).

Dopo le spettacolari vedute di Gibilterra, la cittadina andalusa di Algeciras, importante per il suo porto che mantiene i collegamenti con Ceuta, di là dallo stretto. Una località poco toccata dal turismo che arriva in Andalusia e forse per questo molto interessante da visitare. Tante le vetrine di negozi chiuse a causa della crisi e una grande mobilitazione per aiutare i migranti che, sfidando il pericolo, sfidano il mare dello stretto per toccare il suolo europeo.

Tra le esperienze più interessanti, quella della comunità di Padre Andrés, che ho scoperto l’ultimo giorno della mia permanenza a Algeciras, andando a bussare alla sua porta senza averlo programmato . Lì ho potuto mangiare un piatto di pasta con i migranti ospitati, uno dei quali mi ha raccontato la sua – incredibile – storia. E ho incontrato un giovane andaluso che ha deciso di convertirsi all’Islam.

E’ da Algeciras qui che si prende il traghetto per Ceuta, luogo pittoresco e tranquillo, se non per il fatto che è la meta di migliaia di migranti, che da tutta l’Africa arrivano in Marocco dopo odissee inenarrabili per cercare di superare la rete che lo separa dall’enclave spagnola.

La realizzazione di questo documentario è stata per me un’esperienza importante, che mi ha imposto di riflettere sulla forza del caso, quello che fa sì che Mamadou, nato in Africa, rischi la vita per passare il confine e che io, nato in Europa, sia lì a cercare di raccontare la follia dei confini, che non fanno altro che proteggere lo status sociale e economico dell’Occidente.

Questa consapevolezza è all’origine del titolo di uno dei due documentari, Lo stretto che divide (o come il caso fa le cose), che ho deciso di scrivere come una lunga riflessione in prima persona.

Potete ascoltare i due documentario facendo clic sui titoli:

Gibilterra: lo stretto che divide (o come il caso fa le cose)

Gibilterra: sulle orme di Tariq